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NEAPOLITAN POWER: UNA CITTA’ ALLA RIBALTA CINEMATOGRAFICA.

Napoli sbanca al “David di Donatello” 2018, in immagini e musica.
non c’è scampo: ovunque ti giri e ti volti quest’anno il premio cinematografico “David di Donatello” parla in napoletano. E non solo figurativamente parlando, ma pure e molto nella forma cantata di “Bang Bang” scelta come colonna sonora vincitrice dal film “Ammore e Malavita” dei Manetti Bros, cantata da Franco Ricciardi, scritta da Nelson, musicata da Pivio / De Scalzi.
Ma la cifratura napoletana della musica da film non è una novità al “David”, dal momento che già nel 2014 aveva trionfato il duo Ricciardi / Nelson con “A verità”. Sempre in veste di colonna sonora di un precedente e fortunato film ancora dei Manetti Bros: “Song ‘e Napule” (titolo ripreso da una serie radiofonica Rai degli anni 90).
NEAPOLITAN SOUND
Franco Ricciardi ha un curriculum artistico con due piedi dentro tutto ciò che di nuovo Napoli ha espresso musicalmente negli ultimi anni, e che troppo frettolosamente si riassume  con l’etichetta di “neomelodico”. Cantante dialettale di lungo corso parte, è vero, dalle serate di piazza rionali delle teen-ager adoranti e mamme al seguito, dalle canzoni “nasali” che reinterpretano la melodia pop italiana col tocco sovra-sentimentale e gli inconfondibili vocalizzi “gargareggianti”. Ma approda poi a collaborazioni con tutti gli sperimentalismi che hanno lambito un retroterra musicale popolare e di popolo sempre curioso ed aperto: dai 99 posse, a Clementino, a Guè Pequeno, a Rocco Hunt, a Luchè; dalle suggestioni nord africane, all’Urban sound, al rap impegnato e rielaborato. E quindi ai musical dei Manetti Bros.
Alessandro Nelson Garofalo in arte brevemente “Nelson”, cantautore professionista, è autore dei testi dialettali sia della precedente “‘A verità” e sia di “Bang Bang” e sia di tutte le 15 canzoni del film vincitore quest’anno. Che gli stessi Manetti Bros definiscono (insieme a Song ‘e Napule) “Crime musical”, così come Nelson ama presentarsi alla stregua di un “librettista” o sceneggiatore d’opera più che come autore di testi.
Entrambe le definizioni mirano cioè a dare al lavoro d’insieme il senso di un intreccio ricercato e osmotico tra una trama intessuta nell’humus simil-gomorra ma da commedia brillante ed una espressione canora come marchio di appartenenza e colonna narrante, dove i testi fungono da narrazione e dialogo, come può accadere, appunto, tra un libretto d’opera e una messa in scena. Un humus di cui capostipite forse fu una canzona ormai stabilmente nella top-list neomelodica da piano bar: “O latitante”, una sorta di sceneggiatura musicata della dolorosa e straziata latitanza di un (ovviamente) presunto innocente, ricercato, si presume, per crimini di camorra.
NEAPOLITAN SCENE
Ma i Manetti Bros (Bros sta per fratelli, quali sono i due autori) che per tutta la serata vedono assegnare premi legati al loro film, dalla musica alla scenografia alla miglior attrice non protagonista (Gerini), e che quindi un pò ci sperano, si montano d’ansia che infine esplode nell’annuncio finale della loro opera premiata anche nella più ambita categoria film. Opera “strampalata”, che conferma e rincara la loro poetica musical, con ambientazione rigorosamente a Napoli, pur loro romani, in un turbinio di azione, canzone, balletti, che sovrappone la sceneggiata Napoletana a Gomorra e a “West Side Story”. O per rimanere in tema operistico, a “la Cavalleria Rusticana”.
Ma ecco ancora, nel tentativo di ripensamento artistico della cinematografia, che s’avanza ancora un’eccellenza napoletana, nientemeno che in un genere “cenerentola” del panorama italiano come l’animazione. Ed infatti de “la Gatta Cenerentola” trattasi, che riprende liberamente (antesignano della universale “Cenerentola”) il racconto dialettale di Basile de “lo Cunto de li Cunti”, già a suo tempo nel 1976 messo magistralmente in musica da Roberto De Simone (o rimesso data la sapienza “filologica” sull’antichissima canzone dialettale e popolare campana).
Gli autori di quest’opera, aggiudicataria dei premi per effetti speciali e produzione, sono riuniti nella MAD, una fucina di iniziative visive che con pochi mezzi e grandi talenti ha saputo far nascere coi loro giovani autori una piccola avanguardia nazionale ed europea di cinema d’animazione.
La MAD che ha scelto non a caso come sede, ideale passaggio di testimone storico, proprio il palazzo in Piazza del Gesù dello stranoto e cult episodio de “l’Oro di Napoli” del surreale duello a scopa tra l’anziano psicotico nobile (De Sica) e il ragazzino del popolo sfrontato e imbattibile.
Ed ancora, i premi alla scenografia (ex aequo)e fotografia che vanno alla “Napoli velata” del regista Turco, ma ormai romano di adozione, Fernan Ozpetek. Un tributo personale, tra l’esoterico e l’estetico, ad una città ritratta in una intimità cupa ma non mortifera, anzi pienamente vitale in un suo ciclo vita-morte unico ed infinito, tra vicoli eterni.
NEAPOLITAN SPIRIT
Non finisce la serata senza un omaggio anche allo “spirito” e al mestiere napoletano, fosse pure quello del recitare, un omaggio alla “tenerezza” che intitola il film del regista Amelio tratto da un romanzo di altro napoletano, Lorenzo Marone. Tenerezza definita sul palco “virtù rivoluzionaria”, in modo commosso, e commovente per la platea, dall’attore ormai settantacinquenne decano del mestiere Renato Carpentieri, cresciuto giovanissimo artisticamente sui palcoscenici teatrali napoletani. Che ancora in nome di quei vicoli, della “città velata” del teatro e del cinema, viene chiamato a ricevere il premio come miglior protagonista.
Di un grande spirito dunque trattasi, rievocato e palesatosi sullo sfondo del “David di Donatello”, quello fatto di una Napoli rappresentata e di napoletani degni rappresentanti e protagonisti, una serata di festa su cui irrompe immancabilmente via facebook la politica per accampare la sua piccola fetta di merito per la rinascita anche artistica della martoriata Partenope. E’ il sindaco De Magistris ad affidare ad una nota il suo “Orgoglio napoletano” : “Napoli domina i David di Donatello… intense interpretazioni, magiche scenografie, fotografia straordinaria, costumi originali, bellissimi testi e magnifiche musiche, grandi produzioni ed effetti digitali davvero speciali. Dietro a tutto questo successo c’è fatica, competenza, sacrificio, passione. Napoli è una potenza di talento ed energia. Ci ho creduto sempre, anche quando pochi ci credevano. Ora siamo in tantissimi”.
Speriamo che a crederci siano ancora e sempre con le parole di “Bang Bang” : “‘A vita mia mo’ a dongo a tte / Che ‘a vita toja poi ce penzo io / Che a vivere davvero è solamente chi se sape ancora annammura’ / E vince e sopravvive a tutto cosa”.
di Claudio Guarino
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